La fotografia è un modo per fissare momenti nella memoria. Come diceva Doisneau, su cui vi consiglio il libro “Doisneau – Paris“, Edizioni “L’ippocampo”, non sono una testimonianza, ma, con gli anni, diventano come i fiori che chiudiamo tra le pagine dei libri e ritroviamo dopo molto tempo. E, proprio come un ricordo sbiadito, ma ancora vivo, una foto non deve essere necessariamente fissa, anzi, talvolta la sua vitalità è data dalla sfumatura, dal movimento.

Sappiamo bene che il modo migliore per rendere il movimento in una foto, che è essenzialmente un’immagine statica, è impostare in modo adeguato il tempo di otturazione (se avete bisogno di un ripasso, potete dare un’occhiata all’apposito capitolo del mio manuale). L’esempio più comune, che trovate praticamente in ogni manuale e facilmente anche sul web, è quello dell’acqua che scorre: un tempo breve ne congelerà le singole gocce che fluiscono, mentre un tempo lungo creerà un effetto sfumato, fino a rendere l’acqua più simile alla nebbia. Considerando che foto del genere sono spesso scattate di giorno e che l’acqua è una buona superficie riflettente, la gran quantità di luce potrebbe rendere necessario l’uso di un filtro ND.
Qualche tempo fa ho avuto modo di scattare una foto un po’ più particolare. Sapevo che Kira, la cagnolina di mia sorella, adora le coccole, ma, subito dopo, non resiste alla tentazione di sgrullarsi per risistemarsi il pelo. Così, ho aspettato che ricevesse un po’ di carezze, mi sono piazzato davanti a lei e ho scattato. Il difficile è stato trovare un tempo adatto a far sì che il movimento non rendesse la testa di Kira una massa biancastra informe, per cui ho dovuto fare qualche tentativo. Se non altro Kira quel giorno ha ricevuto più coccole del solito.

L’effetto mosso è molto utilizzato con gli animali, per esempio gazzelle che corrono nella savana, uccelli in volo o predatori che balzano sulle prede. Anche negli eventi sportivi l’idea del movimento è importante. Il problema può essere che un’eccessiva sfocatura renda l’immagine poco leggibile e sembri (in realtà lo è!) un errore, invece di una scelta voluta. In generale, quando utilizzate l’effetto mosso, state ben attenti a far sì che ci sia un sufficiente livello di dettaglio sul soggetto, almeno di uno di essi.

La tecnica più utilizzata in fotografia naturalistica e sportiva è il panning, che consiste nel seguire il soggetto in movimento in modo che nello scatto finale sembri fermo, mentre lo sfondo è mosso. Oltre a essere una buona tecnica per decontestualizzare un soggetto ed eliminare uno sfondo che non ci piace, queste tecnica dà un grande senso di dinamicità, soprattutto se il fotografo si trova con la macchina fotografica perpendicolare alla direzione in cui il soggetto si muove. Tutto sta ad impostare il giusto tempo e seguire il movimento con mano ferma: più facile a dirsi che a farsi! Un cavalletto o un monopiede possono aiutarvi, ma siate pronti a dover fare diversi tentativi prima di ottenere il risultato sperato.

C’è poi il caso in cui una scarsa illuminazione può aiutare, a patto di avere un buon flash a disposizione. Anche in questo caso, sarebbe preferibile l’uso di un treppiedi, ma a mano libera (se è abbastanza ferma) si può realizzare qualcosa di artistico. Impostate il flash in modalità seconda tendina, ovvero, fate in modo che il lampo sia emesso quando l’otturatore sta per chiudersi, invece di quando si è appena aperto. In questo modo, il soggetto in movimento lascerà solo un alone, una scia sul sensore, finché il lampo non ne fisserà la figura nitida e definita. L’effetto sarà quello di un soggetto che ha lasciato traccia del suo movimento prima di essere catturato. In questo modo è anche possibile esporre in modo adeguato uno sfondo poco illuminato, ma statico, grazie al tempo lungo e, contemporaneamente, il soggetto illuminato dal flash, tramite l’apertura del diaframma (ricordo che il flash è istantaneo, quindi tempi lunghi non ne influenzano l’effetto).

In modo molto simile è possibile anche usare la tecnica del light painting, che consiste nel disegnare o scrivere con una luce direzionale (anche una semplicissima torcia) e poi con un lampo flash fissare la scena del soggetto che scrive. Oppure, se avete una spada laser…
Con l’avvento delle luci flash è stato possibile, inoltre, ottenere con una serie di lampi quello che è detto effetto strobo o stroboscopico: impostando un lungo tempo di posa, durante la quale il flash emette una serie di lampi a intervalli regolari, è possibile ottenere su un solo fotogramma istantanee diverse del soggetto in movimento. Questa tecnica, utilizzata in passato anche in ambito scientifico, per esempio per studiare l’anatomia e il movimento degli animali, ha il difetto di sovraccaricare il flash, tant’è che, se anche la funzione strobo è disponibile su molti flash, pochi fotografi la usano oggi.

Infine, se proprio il flash non vi piace, il panning vi sembra complicato e l’uso di linee e direttrici vi risulta banale e scontato (e vi consiglio in tutti e tre i casi di rivedere le vostre posizioni) o, semplicemente, volete provare qualcosa di particolare, resta la tecnica della doppia esposizione o esposizione multipla.
Nella fotografia a pellicola le foto sono sviluppate proiettando l’immagine dal negativo sulla carta da stampa. Alcuni fotografi, per esigenze artistiche o per fotoritocco (per esempio aggiungere un cielo definito a una foto in cui era sovraesposto) espongono la stessa stampa con negativi diversi: questa è la tecnica della doppia esposizione.

Nella fotografia digitale potete ottenere un effetto simile lavorando in post-produzione: scattate una serie di foto a breve distanza l’una dall’altra del soggetto da voi scelto, dopodiché mettete le varie immagini una sull’altra, in livelli diversi, regolandone la trasparenza come più vi aggrada. Con un po’ di pratica, potrete ottenere effetti sfiziosi, benché visibilmente artefatti.

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