Eppur si muove

Henri Cartier Bresson diceva che la fotografia consiste nel mettere sulla stessa linea occhio, mente e cuore. Se questo è vero in generale, con la ritrattistica occorre prestare particolare attenzione al cuore, che spesso soverchia la mente e inganna l’occhio. Perché un ritratto spesso non si limita a mostrarci un viso, ma ci racconta qualcosa, ci porge degli interrogativi, ci suggerisce un vissuto. Per lo meno, i ritratti migliori lo fanno. E un racconto funziona meglio se è dinamico, se c’è del movimento.

Mercuzio e Benvoglio
Il movimento aggiunge qualcosa ai nostri ritratti

Non a caso modelle e modelli professionisti studiano in scuole note come scuole di posa. Nei ritratti a figura intera, la posa, o se preferite la postura, è fondamentale per trasmettere qualcosa in più. Un soggetto col piede avanti sollevato ha una postura tale da suggerire che stia camminando in avanti. La posa, infatti, non è necessariamente forzata, ricercata, ma, anzi, spesso è spontanea, soprattutto nella street photography.

La posa di questo maestro riflette la sua tensione nell’incitare il suo allievo: sembra pronto a sferrare anche lui qualche colpo al sacco

La postura descrive o quanto meno suggerisce un’azione, connota la situazione in cui si trova il soggetto. In ogni caso, può conferire eleganza a chi stiamo ritraendo, ma potrebbe pure essere goffa, comunque utile se vogliamo dare al nostro soggetto un’aria maldestra. L’importante, quindi, è che la posa sia in linea con ciò che vogliamo raccontare.

Una posa disinvolta per uno scatto in stile fotografia di moda

Meno facile da notare nei ritratti a figura intera è il gesto, solitamente molto più pregnante con inquadrature più ravvicinate, diciamo, con figure a mezzo busto o anche più strette. Anzi, solitamente tali piani di ripresa servono proprio a esaltare la gestualità dei soggetti. La posa, infatti, è più legata all’intenzione, all’atteggiamento. Una postura rivela per lo più la disposizione d’animo, introducendo e facendo da contesto al gesto, che non si limita a suggerire un’azione, ma ne costituisce una vera e propria.

Questa attrice, in attesa di iniziare lo spettacolo, si rilassa con la musica e porta il tempo agitando il dito

Come la posa può non essere forzata, così il gesto può essere spontaneo. Basti pensare a quando facciamo spallucce, per indicare indecisione o disinteresse o puntiamo un piede in direzione della porta, se vogliamo andarcene, o quando il nostro cuccioletto inclina la testa da un lato, perché non ha capito qualcosa. A ogni modo il gesto, come scrive Jeff Wallindica […] l’azione, che proietta il suo significato in quanto segno convenzionalizzato “.

La piccola Rey ha qualche dubbio che le frulla nella testolina

I gesti volontari, a loro volta, possono essere suddivisi in azioni manuali, svolgimenti di compiti ben precisi con una finalità pratica, ed espressioni di sentimenti, da un saluto con la mano alzata a un gestaccio offensivo all’automobilista che ci taglia la strada. I primi solitamente sono piuttosto lunghi, ripetitivi e facili da cogliere, mentre i secondi spesso sono semi-spontanei e più rapidi.

Un disegnatore all’opera offre un ricco campionario di gesti volontari

Spontaneo o meno, azione o espressione, il gesto risulta comunque più dinamico, rispetto alla postura, quindi comporta maggiore urgenza nel coglierlo, così come una maggiore precisione, se vogliamo ritrarlo nel suo momento più espressivo e pregnante. In generale, il gesto esprime un dinamismo più evidente della posa, che può essere molto statica.

L’arbitro segnala la penalità e il pugile protesta: gesto pratico contro gesto puramente espressivo

Stringendo ancora di più l’inquadratura, fino ad arrivare al primo piano, andiamo invece a concentrarci e rimarcare l’espressione, spesso esaltata anche grazie ad altri artifici, come una luce di taglio, una cornice o quinta o un accessorio. Cogliere una bella espressione non è poi così semplice come può sembrare. Spesso sono fugaci, oppure i soggetti cercano di mascherarle, per non far trasparire cosa stanno provando.

Qualora non fosse chiaro cosa stesse provando la mia amica Emanuela, sappiate che erano le 14:00 e ancora non avevamo pranzato

Siamo infatti portati a credere di saper facilmente leggere cosa sta provando una persona, quando, in realtà, spesso abbiamo bisogno di un’accurata preparazione per cogliere le micro-espressioni, quelle che più di tutte rivelano cosa ci passa per la testa, perché impossibili da falsificare. A parte ciò, a grandi linee siamo abbastanza bravi a distinguere un ringhio da un sorriso, che è forse una delle espressioni più difficili, per un fotografo, perché di per sè è tutt’altro che fotogenico.

Maki è una delle poche persone che abbia fotografato con un sorriso fotogenico

Nel cogliere le espressioni, benché esse siano esaltate da piani di inquadratura più stretti, è infine spesso utile fornire un po’ di contesto al soggetto. Può sembrare strano, ma una generica espressione di perplessità spesso non è così immediata da cogliere, ma è accentuata dalla presenza di un elemento insolito sulla scena. Mentre non possiamo mai sapere con certezza se una persona che piange non lo stia facendo per la gioia, se ci limitiamo a riprenderne solo il viso.

Un pugile si complimenta con l’avversario dopo un incontro. L’espressione grintosa potrebbe essere compatibile anche con un gesto di sfida

14 pensieri riguardo “Eppur si muove

  1. bello questo articolo, serve a farci riflettere sull’importanza delle emozioni nei volti, oltre che nei movimenti delle stesse persone. Troppo spesso si notano foto che sembrano manichini tanto sono immobili e finte, prive di qualunque espressività. La foto deve parlare all’anima, al cuore, deve trasmettere qualcosa…👍👏👏

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