Fotografia inconscia

Abbiamo parlato qualche articolo fa del concetto di inconscio tecnologico, formulato da Franco Vaccari. È un’idea decisamente affascinante, ma, almeno per me, anche un po’ frustrante. Insomma, sarò presuntuoso, ma mi piace pensare di essere qualcosa di più di un supporto della mia macchina fotografica. Quindi, da un po’ di tempo a questa parte, sto conducendo un piccolo esperimento personale, che consiste nello scattare (più o meno) alla cieca e vedere se riesco a ottenere qualche bella immagine.

Un soggetto seduto è ovviamente più semplice da inquadrare in questo modo

Intanto occorre fare una premessa su cosa si intende per bella foto. Qualcuno potrebbe obiettare che non ne faccio neanche quando scatto in modo ordinario e qualcun altro che le uniche belle immagini che ho prodotto sono quelle che ho ottenuto senza inquadrare, anche perché occorre stabilire cosa intendiamo per bella fotografia.

Ho una particolare predilezione per soggetti che passeggiano con i loro amici canini

Diciamo che in questo breve articolo, intenderemo una bella fotografia come una fotografia funzionale allo scopo, che, nel progetto in essere, è quello di ritrarre soggetti interessanti incontrati durante le mie passeggiate nei fine settimana sui litorali del Lazio.

Le location delle mie passeggiate di per sé valgono qualche scatto

Anche in questo caso, ho lasciato da parte “l’artiglieria pesante” e ho scelto la piccola Grace per questo esperimento: una compatta decisamente più maneggevole e discreta, quindi adatta a un lavoro da street photographer. Un lavoro fatto bene richiederebbe un’impostazione più automatizzata, quindi una messa a fuoco automatica e un’esposizione programmata su una specifica profondità di campo, ma ho trasgredito a questa norma di buon senso, per essere un po’ più fedele alle mie fotografie abituali.

Di solito converto le immagini in bianco e nero, ma di alcune preferisco sfruttare i colori

Per questo motivo ho optato per una messa a fuoco fissa sul punto centrale della macchina, sebbene in modalità continua (mentre di solito scelgo la singola, se non sono a un evento sportivo o qualcosa del genere) e un’esposizione completamente manuale che aggiustavo di tanto in tanto, soprattutto se vedevo che le condizioni di luce stavano variando.

Alcune immagini le converto per farle sembrare vecchie fotografie, soprattutto quando sono un po’ mosse o se il soggetto si presta a un’interpretazione vintage

A questo punto ho cominciato a passeggiare, scattando di tanto in tanto, più o meno casualmente (se non avevo nessun soggetto davanti, evitavo di sprecare batteria, memoria e sensore), tenendo la macchina appoggiata sulla pancia, cercando di tenerla il più possibile dritta, operazione non facile soprattutto per chi, come me, ha un po’ di pancia che rende difficile evitare che si adagi sulla curva, puntando l’obiettivo troppo in alto o troppo in basso.

Alcune volte l’inquadratura è troppo alta o troppo bassa, ma si può recuperare con un taglio particolare delle immagini

Il risultato è un insieme di scatti, molti dei quali con inquadrature improponibili, sia per taglio che per orientamento, spesso mossi o fuori fuoco e di rado ritraenti soggetti interessanti o pose adeguate. Il tutto, comunque, sufficiente a darmi un po’ di materiale decente, almeno quanto basta per tirare fuori qualcosa di pubblicabile dopo un po’ di lavoro in post-produzione.

In fondo è divertente giocare un po’ con il nostro hobby

Insomma, direi che l’inconscio tecnologico non fa per me. Certo, l’idea di scattare a caso può essere divertente e non escludo di dedicarmi ancora un po’ alla street photography selvaggia, visto e considerato che adoro le lunghe passeggiate, soprattutto al mare e d’inverno, ma la mia fotografia preferita resta quella con l’occhio ben fisso nel mirino.

Sperimentare non significa che, se ci capita una bella scena, non possiamo inquadrare e scattare convenzionalmente

4 pensieri riguardo “Fotografia inconscia

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