Soggetti ovunque

Che un fotografo debba essere un buon osservatore è un fatto assodato. Non deve solo saper vedere, ma anche pre-visualizzare, in molti ambiti. In particolare, nella ritrattistica, dobbiamo saper osservare le persone, con dovuta discrezione e buona creanza, ovviamente.

Osservare con discrezione, senza spaventare i nostri potenziali soggetti

È necessaria, infatti, anche un po’ di psicologia. Quando vediamo un soggetto che ci piace, dobbiamo fare innanzitutto in modo che non ci scambino per maniaci, quindi osserviamolo, ma con discrezione e valutiamo ogni caratteristica che lo rende il soggetto fantastico che noi abbiamo visto. E cerchiamo anche di capire, da come si comporta, se in quel momento è disposto a farsi ritrarre: potrebbe essere di fretta o di cattivo umore e, in quel caso, non sarà difficile notarlo.

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Una delle principali caratteristiche che deve avere un buon soggetto è senza dubbio l’aspetto complessivo. Altezza, peso, forma fisica in generale, ma anche modo di muoversi, porsi, comportarsi. Non deve necessariamente essere una persona di bell’aspetto o particolarmente aggraziata nei modi. Le rughe, così come un incedere claudicante, possono raccontare la storia di un vissuto molto più ricco di una posa statuaria o pelle immacolata.

Le persone sono come gli edifici: alle volte, le crepe aggiungono fascino (no, non ho usato la foto di una persona definendola “rugosa”: ci tengo alla vita)

Anche un particolare abbigliamento può attirare la nostra attenzione. Un vestito sgargiante, un’uniforme particolare, o un costume durante una rappresentazione teatrale o un comicon. Così, come una acconciatura particolare, un trucco marcato o un accessorio fuori dal comune.

Questi costumi punk anni Ottanta del secolo scorso sono assolutamente fantastici

Soprattutto se tutto ciò è in qualche modo correlato all’ambiente circostante. O in forte contrasto con esso. A ogni modo, quale che sia la caratteristica che ha attirato la nostra attenzione, dobbiamo focalizzarci su di essa e studiare il soggetto per comprendere come esaltarlo e renderlo al meglio. Per esempio, se ci ha colpito la concentrazione di un lavoratore, non gli chiederemo di sorridere, guardando in macchina, mentre lo fotografiamo, ma gli proporremo di riprendere il lavoro come se noi non ci fossimo.

Sarebbe folle interrompere questo maestro al lavoro col suo pugile per farlo mettere in posa

Già, perché, comunque è il caso di interagire col soggetto e fargli sapere che abbiamo intenzione di fotografarlo, ottenendo il suo consenso e facendogli firmare una liberatoria, stando ben attenti a non chiederlo nel momento culmine del gesto che ha attirato la nostra attenzione (se ce n’è stato uno).

Gli scatti rubati possono comportare problemi di privacy

Infine, quale che sia stata l’emozione che ci ha provocato il soggetto, cerchiamo il modo di restituirla agli spettatori in modo adeguato. Per esempio, fotografare una persona caduta a terra che cerca di rialzarsi, potrebbe essere un omaggio alla sua forza, un inno all’andare avanti, ma stiamo attenti a che non sembri che vogliamo deridere chi è caduto. Non a caso, molti fotografi si imbarazzano a ritrarre persone che piangono.

Quando si ritrae una vittoria, spesso si tende a ignorarne la conseguente sconfitta

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