Anche se non siamo fan della fotografia di ritratto con lo smartphone, essa è una realtà. Alcuni di noi girano sempre con la macchina fotografica al seguito, ma la maggior parte delle persone non ne ha modo (o voglia) e, dunque, fotografa, quando ne ha voglia, con il meglio che ha a disposizione. E, se si tratta di uno smartphone, facciamo in modo di usarlo al meglio.

Dei selfie abbiamo già parlato abbastanza a suo tempo, quindi, in questo articolo non ce ne occuperemo di nuovo. Ciò che, invece, bisogna sottolineare ancora (e ancora e ancora e ancora) è che tutti gli smartphone sono dotati di un obiettivo grandangolare, che mal si presta a scattare ritratti da distanza ravvicinata (è invece più che accettabile nel ritratto ambientato): possiamo correre il rischio di distorcere un volto, rendendolo troppo tondo o ingrandendone a dismisura il naso.

Per quanto riguarda l’esposizione e la composizione, non c’è nulla di particolare da sapere. Meglio un’inquadratura non troppo ravvicinata, come già detto, ma per il resto le regole di composizione sono sempre le stesse valide per qualsiasi ritratto, così come quelle di una buona esposizione, standard o creativa che sia, eccetto il fatto che non avremo a disposizione tutte le impostazioni (tempi, diaframmi, sensibilità) disponibili su una fotocamera.

L’unico suggerimento utile riguardo la composizione riguarda la regola dei terzi: così come molte macchine fotografiche, i moderni smartphone hanno la possibilità di attivare una griglia guida che suddivide lo schermo in terzi. Tale griglia potrebbe essere utile per decidere il taglio delle nostre inquadrature.

Ciò che quasi sicuramente uno smartphone avrà è, invece, la modalità ritratto. Questa funzione, in base alla tecnologia della fotocamera, aiuta a mettere a fuoco i volti, rende più gradevole l’incarnato delle persone e sfoca lo sfondo. Queste funzioni sono comunque gestite da un’intelligenza artificiale che si appoggia su risorse limitate, quindi la resa potrebbe essere non ottimale. Per esempio, per essere sicuri di avere uno sfondo sfocato a dovere, meglio porre il soggetto ad almeno una decina di metri e far sì che il fondale sia uniforme.

Altro possibile limite degli smartphone, riguarda la memoria. A meno di non portarsi dietro una nutrita scorta di schede microSD, da alternare di continuo, non avremo molto spazio di archiviazione e potremmo saturarlo facilmente, soprattutto se scattiamo in modalità continua. La cosa migliore è revisionare continuamente gli scatti realizzati e tenere solo i migliori, cancellando gli altri.

Occorre spendere anche una parola sul flash. Tutti gli smartphone ne hanno uno, ma è meglio non prenderlo in considerazione più del flash integrato nella più economica delle compatte che ne ha uno. Insomma, se si tratta di schiarire le ombre in un ritratto scattato al sole di mezzogiorno, può anche andar bene, ma in generale non serve a nulla più che ricreare un catchlight e non è assolutamente adeguato come luce principale di notte o in luoghi non illuminati.

Infine, due parole sulla post-produzione. I telefoni cellulari non permettono di scattare immagini in formato RAW. Quasi sicuramente, i file che produrremo saranno dunque JPEG (anche per la suddetta questione della memoria), che ci consentono ben poco margine di manovra (per esempio, per modificare il bilanciamento del bianco), ma nel mondo di oggi, in cui molti vogliono essere star di Instagram, non è difficile trovare app gratuite o a buon mercato per ritoccarle.

Un consiglio personale: prestiamo attenzione ai filtri per il ritocco automatico della pelle. Sono abbastanza “intelligenti” nel riconoscere ciò che devono o non devono modificare, ma alle volte sono impostati in modo da intervenire in modo troppo accentuato e i soggetti si trovano con la faccia che sembra di ceramica: non un gran bell’effetto. Soprattutto se ci dimentichiamo di spegnere questa funzione, quando fotografiamo un bambino.

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