Sulle possibilità delle arti visive di influenzarsi a vicenda la storia è piena di esempi. Basti vedere come si è evoluta la pittura dopo la nascita della fotografia, per esempio con le “inquadrature” tipiche dell’Impressionismo, oppure come alcune correnti fotografiche siano chiaramente ispirate dalla pittura (e non mi riferisco solo al Pittorialismo). Anche il cinema può essere fonte d’ispirazione per un fotografo, che, per esempio, può scegliere di usare un angolo olandese per le sue inquadrature.

La tecnica di per sè è molto semplice e consiste nell’inclinare l’inquadratura di al massimo 45 gradi sulla sinistra o sulla destra, per dare alle immagini un senso di alterazione, disagio, tensione, squilibrio. L’idea è di rappresentare “fisicamente” un disagio interiore e trasmetterlo all’osservatore, tramite una prospettiva alterata e distorta. Dato che questa tecnica si basa su uno spostamento delle linee rispetto al senso comune, funziona di più se nell’inquadratura sono presenti delle forti linee, tanto orizzontali quanto verticali.

Il termine “angolo olandese” è dovuto al cinema impressionista… tedesco. I primi a impiegarlo, infatti, furono registi tedeschi degli anni Venti del secolo scorso. Non ci volle molto perché il cinema americano se ne appropriasse (per esempio nei film di Orson Welles e Alfred Hitchcock), ma nella traduzione “Deutsch” divenne “Dutch” e, quindi, l’angolo “tedesco” divenne “olandese”.

Non solo cinema, dicevamo. E non solo fotografia aggiungerei, visto che l’angolo o piano olandese è stato ampiamente sfruttato anche nella televisione (per esempio nella serie Batman degli anni Sessanta del secolo scorso, tanto che tale tecnica è anche nota come “Batman angle“) e nel fumetto. In fotografia, invece, arrivò grazie alla Street photography, per l’appunto americana. Tra tutti citerei Robert Frank, che fece dell’inclinazione dell’orizzonte rispetto ai bordi dell’inquadratura parte integrante della sua cifra stilistica.

Eppure noi siamo ben consapevoli del fatto che la linea dell’orizzonte deve essere sempre perfettamente dritta, “in bolla“, mutuando il termine dalla bolla d’aria che nella livella indica l’inclinazione (non a caso, in Francia l’angolo olandese è anche detto “deboullé”). Questo, dunque, è un classico esempio di rottura di una regola di composizione, regole che non sono certo scolpite nella roccia e inviolabili. L’importante è non inclinare l’inquadratura di uno scatto tanto per fare o, peggio ancora, sbagliare un’inquadratura e poi spacciarla per un angolo olandese.

Dobbiamo insomma sempre essere consapevoli di ciò che facciamo, di quale effetto vogliamo ottenere e, nello specifico, che non ha molto senso dare un effetto straniante alle foto delle nostre vacanze.
curiosa questa cosa, io personalmente odio le foto storte, le mie le correggo anche se hanno solo 1 grado d’inclinazione, ma trovo originale questo modo d’interpretare il disagio verso una certa situazione ambientale…
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Beh, l’idea è proprio che debbano dare fastidio. Insomma, da usare con estrema cautela
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