Abbiamo analizzato la situazione attuale della fotografia dal punto di vista del business e constatato che non è tutto rose e fiori. La tecnologia avanza e, se anche non è così immediato fare buone foto con un’attrezzatura professionale, dall’altro gli smartphone tra filtri e intelligenza artificiale permettono di ottimizzare scatti grossolani e renderli appetibili all’industria fotografica, se offerte gratuitamente o per pochi spiccioli. E la situazione difficilmente migliorerà.

Basta fare un giro, per esempio, al Photokina per vedere che i produttori di attrezzatura fotografica puntano sempre più su automazione e semplicità di utilizzo. Dalle macchine fotografiche che permettono di scegliere la profondità di campo dopo lo scatto agli apparati per la realizzazione di foto in serie senza intervento umano, per esempio, per la realizzazione di cataloghi su siti di e-commerce. Tutto questo porta i potenziali committenti a credere che non abbiano più bisogno di noi. Cosa che in alcuni casi è vero o, se non altro, il prezzo di un lavoro professionale non è più giustificabile, dato il livello, anche solo accettabile, delle autoproduzioni o del lavoro di dilettanti a buon mercato.

Il fatto è che non sono poi così tanti che riescono ad apprezzare una foto di qualità, che conoscono il linguaggio fotografico, che comprendono la differenza tra uno scatto carino e un’immagine realizzata secondo tutti i dettami della comunicazione efficace. Anzi, molti committenti si sentono gratificati dall’idea di gestire in proprio la comunicazione della loro impresa, magari cercando immagini sui siti di microstocking. E non parlo di ditte con un reparto marketing composto da persone competenti, ma di industrialotti alla Zampetti convinti che, dato che hanno messo su un’impresa, possono occuparsi di qualunque cosa, senza il bisogno di competenze specifiche.

Anche noi fotografi, dal canto nostro, talvolta ce la caviamo piuttosto male. Intanto, non tutti fanno un lavoro eccellente, tale da rendere ovvia la differenza tra loro e il fotoamatore di turno. Poi alcuni continuano a regalare foto, come se fossero lavori di poco valore e questa finisce per essere la percezione comune: se possono trovare foto gratis perché dovrebbero pagarle? Sta a noi lottare contro questo principio, con lavori di qualità e professionalità, anche nel non svendersi.

Come fare, dunque, in un mondo in cui la fotografia è sempre più inflazionata? In cui uno scatto è sempre più spesso simile a mille altri, già visto e ben presto soppiantato da uno più nuovo? Proviamo a pensare a quante foto “iconiche” ci vengono in mente degli ultimi dieci anni e poi a fare il paragone con i decenni precedenti: ormai le foto che ci restano impresse sono sempre meno: quindi, come contrastare questa percezione della fotografia come qualcosa di ordinario e non un prodotto di qualità? Occorre adattarsi, reinventarsi, cercare nuovi sbocchi professionali. Per sapere quali, bisogna vedere come la situazione continuerà a evolversi. Magari torneranno in auge i vecchi studi fotografici di paese, come fenomeno di costume, e la passione per la pellicola: chi può dirlo?

Finora, le strategie migliori, come abbiamo visto, sono specializzazione e diversificazione: specializzarsi in un ristretto numero di ambiti, creandosi alcune nicchie di mercato ben separate tra loro, in modo da avere più possibili fonti di sostegno che consentano di compensare gli andamenti di mercato, sperando che almeno una delle nostre specializzazioni ci dia l’entusiasmo sufficiente a occuparci delle altre, del marketing, dell’organizzazione e della difesa della nostra proprietà intellettuale.

In fondo siamo fortunati a dedicarci a un’attività che può essere anche la nostra passione o almeno una delle nostre passioni: non è di certo così in ogni professione. Non tutti possono essere pagati per qualcosa che amano fare e sanno fare bene (e che magari ci riconoscono come ben fatto e utile per loro). Quindi dobbiamo accontentarci di tutto quello che ci capita? No di certo! Sapersi accontentare nei momenti di crisi è importante, ma, se perdiamo l’entusiasmo, rischiamo di entrare in un circolo vizioso e ritrovarci un giorno ad alzarci dal letto solo perché abbiamo delle bollette da pagare.

Quindi curiamo la nostra attività al meglio, promuovendola come si deve e badando alla nostra proprietà intellettuale con mezzi adeguati.
