Prima delle vacanze, abbiamo visto alcuni esempi di concezioni artistiche nate nell’ambito della post-fotografia, precisamente la lomografia e la camera restricta. In entrambi i casi, si tratta di tentativi di reagire alla sovrabbondanza di immagini dei giorni nostri. Forse entrambi un po’ estremi. Qualcuno ha forse in mente qualcosa di meno drastico? Ebbene, sì, la fotografia contemplativa Miksang.

Miksang è una parola tibetana che significa “occhio buono” e, applicata alla fotografia, rappresenta una forma di fotografia contemplativa basata sugli insegnamenti del Dharma di Chögyam Trungpa, in cui l’occhio è sincronizzato con la mente contemplativa.

Nelle intenzioni dei loro fautori, le immagini Miksang dovrebbero riportare l’osservatore nello stato di contemplazione originale dell’autore e a un modo peculiare e aperto di vedere ciò che ci circonda, risultato di questa particolare percezione del mondo. Insomma Miksang non comporta niente di speciale: nessuna configurazione particolare, solo una ripresa nel giusto stato d’animo della realtà quotidiana, una percezione più pura della realtà, che spesso viene trascurata.

Insomma, il concetto di base richiede di vedere il nostro mondo in un modo nuovo, cosa non sempre facile. Dobbiamo porre l’attenzione della nostra mente sul senso della vista, senza distrazioni. Con le dovute calma e pazienza, ciò dovrebbe portarci a esprimere ciò che stiamo vedendo con la nostra fotocamera in modo semplice e preciso, a patto di avere desiderio di vedere davvero ciò che c’è.

Miksang dovrebbe essere la fotografia in cui usiamo la fotocamera per esprimere le nostre percezioni visive esattamente come le sperimentiamo. Cartier-Bresson diceva che fotografare è mettere sulla stessa linea occhio, mente e cuore: questo è più o meno ciò che accade nel Miksang, ma, invece di cogliere al volo l’istante decisivo, dobbiamo abbandonarci alla contemplazione, prima di scattare in modo puro, senza sovrapposizioni di significato, valore, piacere, antipatia o disinteresse.

Nella fotografia Miksang è importante anche liberarsi della memoria, in modo da vedere tutto come se fosse la prima volta, senza associazioni pregresse, come se il mondo si manifestasse così com’è dal nulla. Un compito non certo facile, visto che il cervello umano lavora principalmente per associazione, ma può valere la pena fare un tentativo.

una tecnica che metto in atto durante ogni mia uscita fotografica e che in qualche modo cerco di trasmettere attraverso il mio blog, molto interessante questo tuo articolo, la bellezza è ovunque, basta saperla cogliere 👍👍😉
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Grazie
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