Nel precedente articolo abbiamo visto come la postfotografia possa portare a movimenti di produzione di immagini senza freni, come la lomografia. In realtà, molti artisti reagiscono a questo proliferare incontrollato in modo diametralmente opposto, invitando all’astinenza fotografica, sfruttando il materiale esistente, invece di produrne altro.

Questa volta non si parla di ritratti, ma di paesaggi e l’idea, che può sembrare quanto mai bizzarra, è venuta al fotografo Philipp Schmitt, quella di una fotocamera che impedisca al fotografo di scattare, quando il soggetto è già inflazionato.

La camera restricta è un concept di una fotocamera (in realtà non esistente oggi e probabilmente mai prodotta anche in futuro) dotata di geotag e connessione ai principali database di immagini, come Flickr, in cui è possibile registrare le posizioni degli scatti. Tramite questa connessione, ogni volta che un fotografo si accinge a ritrarre per l’ennesima volta lo stesso tramonto, un rapido controllo avviserà il fotografo del sovraccarico di immagini realizzate e impedirà lo scatto.

Sì, esatto, la fotocamera si rifiuterà di funzionare in luoghi in cui è stato registrato un gran numero di immagini. La camera restricta è infatti presentata come uno strumento disobbediente per scattare fotografie uniche, quindi a ogni tentativo di aprire l’otturatore, la fotocamera scansionerebbe un’area di 35 metri per 35 metri alla ricerca di altre immagini scattate nello stesso perimetro, lanciando un allarme acustico, simile a un contatore geiger che segnali un luogo infestato da fotografie.

Ovviamente, se mai un simile dispositivo dovesse essere messo in commercio, nessuno ci obbligherà a comprarlo, ma l’idea di fondo può essere interessante, almeno come spunto di riflessione. Quante volte, infatti, ci è capitato di scattare la solita immagine da cartolina, senza prenderci la briga di esplorare un po’ i dintorni? Alle volte basta fare pochi passi per trovarsi davanti un buon soggetto.

Un pensiero riguardo “Camera restrica”